giovedì 10 aprile 2008

Free Tibet 2 - L'Impero (celeste) colpisce ancora -

Posto due interventi interessanti in merito alla scottante vicenda tibetana.
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Dal blog del maestro Rampini, una citazione da Barack Obama:

Perche’ siamo impotenti con Pechino: è molto difficile dire al tuo banchiere che ha torto. Finché abbiamo immensi deficit e un grande debito pubblico nazionale e prendiamo prestiti continuamente dalla Cina, questo ci dà scarso potere di pressione. Abbiamo meno autorevolezza per parlare di diritti umani, e abbiamo anche meno autorevolezza per parlare delle relazioni commerciali squilibrate con la Cina”.

E un frammento di un articolo del Professor Stefano Cammelli tratto dal bellissimo ed interessantissimo sito Polonews.info:

Trasformando il problema tibetano in una questione nazionale la protesta occidentale è andata a stimolare corde e accenti pericolosissimi e che garantiscono una risposta schematica, brutale, retrograda. Era questo che si stava cercando? Colpire la Cina che cambia in modo da essere sicuri che non muti? Se era questo l’obbiettivo strategico di queste manifestazioni credo sia giusto dire che il successo è stato verosimilmente raggiunto, la vittoria sembra essere piena. Al tempo stesso è proprio questa sostanziale complessità che suscita scetticismo negli esperti di fronte alla pochezza culturale, molto oltre la soglia del ridicolo, di coloro che parlano di un Tibet indipendente”.

In sintesi: " Free Tibet? " o " Tibet? " ??
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Quanta confusione, quanta pochezza in occidente quando si parla di ideali e di diritti umani,
e quante certezze nel momento in cui si parla di soldi.

martedì 25 marzo 2008

No Ruz

“Una città vivibile, almeno per qualche giorno, ci voleva proprio”.
In queste poche parole il succo di un momento importante per l’Iran, il Capodanno persiano, vissuto da un italiano a Teheran.

Il “No Ruz” appunto, il Capodanno persiano, é probabilmente la festa più sentita dalle famiglie iraniane, paragonabile al nostro Natale. Il Nuovo Giorno, questo il significato di "No Ruz", cade il 21 marzo di ogni anno, in occasione dell’equinozio di primavera. Per gli iraniani è iniziato l’anno 1387, mentre per i Zoroastri ricorre l’anno 3746, corrispondente all’anno 2538 dalla costituzione dell’antico impero persiano. In questi giorni, seguendo la tradizione, le famiglie iraniane ritornano ai loro villaggi di origine per festeggiare con amici e familiari e, di conseguenza, la città si svuota. Pochissimo traffico, finalmente un pò d’aria pulita e il cielo blu. Ma anche nulla da fare in città, negozi chiusi e servizi ridotti. In sintesi un momento di calma, un letargo che addormenta la metropoli a momenti alterni per circa due settimane.

Ho avuto l’occasione di festeggiare con un gruppo di ragazzi iraniani il tradizionale “Chahar Shanbe Suri”, la vigilia dell’ultimo mercoledì dell’anno. Durante la notte tra gli ultimi martedì e mercoledì dell’anno tutti i popoli dell’antica Persia zoroastriana al tramonto saltano 7 volte su dei falò, esprimendo il desiderio che l’anno nuovo sia fertile e clemente con tutti, che il fuoco bruci i mali del passato e doni un nuovo calore e colore ai volti di ciascuno. La serata si anima quindi di fuoco, musica dalle casse delle automobili, petardi e fuochi d’artificio, canti, balli, salti e alcool nascosto in anonime bottiglie, per poi dirottarsi verso uno dei tanti party in corso negli appartamenti dei giovani, trasformati per l’occasione in vere e proprie discoteche.

La cosa veramente interessante è che il No Ruz è una festa pagana, ed infatti è festeggiata anche dalle minoranze etniche persiane e dalle comunità etniche al di fuori del paese, quali Kurdi, Afghani, Hindù , Tagiki, Pakistani, Mozabiti in Algeria e Zooroastriani. Per questo il Governo e le autorità ecclesiastiche, quindi islamiche, dell’Iran la osteggiano fortemente e cercano in ogni modo di ostacolarla. Inutilmente, perché anche se nella notte del “Chahar Shanbe Suri” la città è pattugliata e gremita di poliziotti e soldati, la gente e i ragazzi festeggiano lo stesso, correndo il rischio di venire segnalati, persino arrestanti.


martedì 18 marzo 2008

Free Tibet?

In attesa del Norouz, il Capodanno iraniano, che mi terrà impegnato nei prossimi giorni e del quale spero di potervi raccontare presto, due parole sul Tibet.

Sui media rimbalzano notizie eterogenee.
Dai commenti “pro-Pechino” che mettono in dubbio non solo la veridicità della repressione in atto da parte dell’esercito cinese, ma le stesse ragioni della rivolta. Eccovi il link a un articolo con spunti molto interessanti pubblicato da Altrenotizie.

Alla platea dei sostenitori del popolo tibetano che parlano di “genocidio” (“culturale” però, non si sa mai…), “repressione brutale”, “centinaia di morti” (per ora non se ne sono visti più di uno o due) seguiti da attori, starlette e filantropi della domenica che si sono svegliati improvvisamente quasi cinquanta anni dopo l’invasione del Tibet pretendendo il boicottaggio delle Olimpiadi. Alcuni link: Free Tibet Campaign e Associazione Italia-Tibet.

Mi chiedo cosa credano si possa ottenere da tale boicottaggio?
Vogliamo fare degli atleti gli ambasciatori della pace?
Perché poi solo adesso e solo in Cina?
Che non mi si venga a raccontare che il Tibet sia l’unico caso di repressione al mondo…

E mi chiedo perché nessun paese sia disposto a criticare seriamente Pechino in merito al Tibet? Chi rischierebbe di inclinare i rapporti con il gigante economico asiatico nel nome di dieci monaci tibetani? Ma fatemi il piacere.

Alcuni esempi: il Segretario di Stato Usa Condoleezza Rice ha rilanciato l'appello al Governo cinese perché apra un dialogo con il Dalai Lama; la Commissione UE ha espresso “preoccupazione” e ha invocato “moderazione da ambo le parti”, precisando che “un boicottaggio delle Olimpiadi non sarebbe la soluzione appropriata per lavorare in favore del rispetto dei diritti umani”; l’India ha esortato il suo vicino a “trovare una soluzione non violenta”; la Russia ha dato il suo sostegno al governo cinese nelle “misure necessarie ad arginare le violenze illegali”.
Ecco la solideriatà al popolo tibetano. Quale decisione, quanta fermezza.
Ipocrisia pura.

Anche da parte di Pechino, anzi, soprattutto da parte di Pechino.
Che ora censura, reprime, minaccia e perde forse un’occasione: quella di concedere qualche effimero diritto all’autonomia tibetana, un contentino per metterli zitti e fare bella figura davanti al mondo intero. Tanto la colonizzazione del Tibet passa attraverso altri canali, più che quello politico, quello religioso e quello culturale, è il colonialismo economico quello che conta. La Cina soggioga e inginocchia il Tibet con il denaro, e per il denaro, prima di tutto.

Come ci ricorda sul suo blog Federico Rampini (secondo il mio modesto parere, un grande analista politico ed economico sull’oriente), le vere ragioni della determinazione con cui Pechino da 58 anni tiene in pugno questa immensa nazione montagnosa e semidesertica sono:
  1. Il suo ruolo originario di cuscinetto strategico in vista di un conflitto con l’India e/o con altre potenze presenti nell’Asia centrale;
  2. La scoperta più recente di ricchi giacimenti di materie prime e metalli rari che fanno del controllo del Tibet una risorsa essenziale per lo sviluppo industriale delle zone costiere;
  3. Il significato simbolico che questa regione ha nella storia del buddismo in una fase di riscoperta del retaggio religioso tra alcune fasce della popolazione cinese.

Solidarietà al popolo tibetano quindi, ma non troppa, giusto quella che ci vuole per fare bella figura e apparire moralmente puliti.

E lunga vita a Calderoli, retto difensore dei diritti dei popoli, rinomato pacifista e simbolo vivente della tolleranza, che ha detto: “Un paese come la Cina che non rispetta i diritti umani non merita di ospitare le Olimpiadi, che sono invece il simbolo della comunanza tra i popoli”. Scusate, ma mi viene da ridere.

mercoledì 12 marzo 2008

Lettera di una madre

Oggi mi è capitata una cosa.
Sono inciampato su un foglio, su una lettera.
E sono caduto. Commosso.
Basta poco a volte, solo un gesto, una lettera.
Per lasciare un segno. Indelebile.

Leggetela qui. Vi prego.

martedì 11 marzo 2008

L'appartamento italiano (o quasi...)

Ebbene si, ce l’abbiamo fatta!
Io e il mio collega stagista, Alessandro, abbiamo finalmente trovato un appartamento decente ed ad un prezzo accettabile nel quale passare i prossimi mesi qui a Teheran.
Ora, anche se ci siamo trasferiti da tre giorni e dobbiamo ancora sistemarci per bene, l'atmosfera che regna in quel posto è stata chiara da subito: bucolica e pomposa.
Sembra di stare a Las Vegas negli anni sessanta, giuro. Controsoffitti dorati, luci blu intermittenti, arredamento kitschissimo. Oggetti, ninnoli, soprammobili e suppellettili ovunque. Pelli di chi sa quali bestie in terra e corna alle pareti.
In sintesi: un inferno!
Ho messo qualche foto tanto per darvi un’idea: sembra la casa di un pappone gitano, l’appartamento più “pimp” che abbia mai visto (anche se da quanto ci è stato riferito pare sia il tipico gusto iraniano di città).

Vabè, sarà dura ma resisteremo al desiderio di bruciare tutto consolandoci con la televisione satellitare che grazie al cielo prende i canali italiani, così possiamo goderci Il Grande Fratello. Ma vaff…!!!

E gloria sia quindi all’appartamento italiano (o quasi) a Teheran.



martedì 4 marzo 2008

Un weekend a Isfahan

Sono qui, a Teheran, da appena una settimana e già non vedo l’ora di scappare. Almeno nel fine settimana, almeno. Via dal traffico, via dallo smog, via dalla confusione, via.
Ed è quello che ho fatto, o meglio abbiamo fatto, il weekend scorso, cioè venerdì e sabato, perché in Iran la settimana mussulmana va dal sabato al mercoledì, mentre invece in ambasciata si lavora dalla domenica al giovedì (non a caso chiaramente, facendo così si media tra le settimane lavorative di Italia e Iran).
Così, accorrendo all’invito di un collega in ambasciata, il Secondo Segretario Marco Landolfi, ce ne siamo andati a Isfahan, ex capitale dello scià di Persia Abbas I.

Capolavoro dell’Islam, perla dell’Iran, gioiello dell’antica Persia, Isfahan è probabilmente la città più maestosa di questo paese. Divenne importante a livello “nazionale” all’inizio del 1500, quando i primi regnanti della dinastia safide scacciarono i mongoli, eredi del Gengis Khan, dal paese. Salito sul trono nel 1587, lo scià Abbas I, detto Abbas il Grande, scelse Isfahan come capitale del suo impero e si adoperò per farne una città grandiosa.
Il vero capolavoro dell’ex capitale dello scià è indubbiamente piazza Naqsh-e Jahan, o Imam Square: una piazza gigantesca nel centro della città, si mormora la seconda piazza piu’ grande del mondo dopo Tien An Men. La piazza che ospita l’insieme architettonico più maestoso di tutto il mondo islamico: la gigantesca e maestosa Moschea dell’Imam, l’elegante, delicata e perfetta Moschea dello Sceicco Lotfollah e il grandioso palazzo Ali Qapu.
Isfahan è anche celebre per i suoi ponti, undici in totale, di cui 5 antichi, che attraversano il fiume Zayandeh. Alcuni di questi ponti antichi sono meraviglie architettoniche ben conservate, tra cui spiccano il ponte Si-o-Seh, detto ponte dei 33 archi, e il ponte Khaju. L’atmosfera che si respira nei pressi e su questi ponti è fantastica: sono un punto di ritrovo e socializzazione della comunità locale, tanto che ospitano al suo interno o nelle strette vicinanze diverse sale da tè. Fantastico poi è il Bazar-e-Bozorg che circonda piazza dell’Imam: un labirinto di vicoli illuminato dalla luce del sole che filtra da delle aperture nella volta a cupole che protegge e racchiude il bazar. Un luogo magico riecheggiante di epoche passate, ma allo stesso tempo arteria vitale e centro del commercio della città.
Infine, altro luogo ricco di storia della città è Jolfa, il quartiere armeno, edificato all’epoca dello scià Abbas I per dare rifugio alla comunità cristiano-armena persiana, dove tutt’ora vivono migliaia di armeni in pace. Il nucleo storico della comunità armena di Isfahan è la cattedrale di Vank, costruita nella prima metà del 1600. Il complesso della cattedrale ospita anche il museo sul genocidio armeno perpetrato dai turchi nel 1915.

Al di là delle notizie storiche e turistiche, che mi premeva dare giusto per inquadrare la meta del nostro pellegrinaggio finesettimanale, Isfahan è una città molto piu’ vivibile di Teheran. Sebbene sia comunque piu’ caotica e trafficata delle città europee, almeno per strada si respira, si vede il cielo azzurro ed è tutto sommato una città abbastanza verde.
Soprattutto però a colpirmi è stata l’atmosfera di Isfahan: più rilassata, più vera.
Sono stati due giorni bellissimi, passati in compagnia, ridendo e scherzando. Mi sembrava di essere tornato in erasmus: ci siamo ritrovati in 13 nuovi amici, tra spagnoli, italiani, belgi, iraniani, uno svedese e un venezuelano. Tra stagisti, diplomatici, dipendenti dell’Eni, studenti e bottiglie di whiskey, vino e birra nascoste nelle borse. Un bellissimo hotel, quasi una casa famiglia in un angolo stupefacente della città.


mercoledì 27 febbraio 2008

Salam aleykom

Salve a tutti!
Finalmente vi scrivo da Teheran, dove sono arrivato domenica sera alle 23.00 ora locale, 20.30 ora italiana, per fortuna senza alcun inconveniente (a parte una corsa e una litigata all'aeroporto di Baku in un clima di stampo sovietico).
Per il momento va tutto bene, dormo in un hotel discreto a 5 minuti dall'Ambasciata, col mio collega Alessandro, anche lui stageur, ci siamo beccati subito bene e si fanno delle gran risate, e al lavoro per il momento sono stati tutti gentili e simpatici. Speriamo di trovare un mini appartamento entro breve altrimenti la faccenda si fa dispendiosa.

La città e' un delirio totale.
Ho avuto modo di farmi qualche giro per il quartiere, ovvero per una scheggia della megalopoli da 17/18 milioni di persone che e' Teheran, e vi garantisco che non ho mai visto un casino del genere. Il traffico e' qualcosa di schizofrenico, un caos totale a prima vista, ma con un minimo di ordine a quanto pare, altrimenti non si spiega il fatto che non sia tutto completamente bloccato da code, incidenti e ingorghi.
Ovviamente lo smog e' terribile, soffocante. Sia di giorno che di notte per le strade non si respira. Ho già la gola spaccata, spero solo di farci l’abitudine alla svelta.
Per l’esattezza ci troviamo nella parte vecchia della città, a sud, in una zona piena zeppa, ovviamente, di ambasciate (tra le quali si distinguono quelle Russa e Inglese, grandi sempre), di negozi di tecnologia, telefonini e strumenti musicali. Le vie sono sporche e, come del resto i palazzi, vecchie, rotte, in procinto di cadere a pezzi.
Ieri notte ci siamo arrampicati sul tetto dell’hotel e ci siamo goduti una visuale a 360 gradi della città: immensa. Non vedo l’ora di farmi un giro tra i grattacieli della parte moderna, al gigantesco bazar, che in realtà non e’ lontano da qui, e tra le montagne che circondano la città, culminanti nei 5.671 metri del Monte Damavand.
A presto.
aa

Teheran dal satellite.

mercoledì 20 febbraio 2008

Crop Cirles

Un nuovo Cerchio nel grano è da poco comparso in Italia, a Farra di Isonzo in provincia di Gorizia. Di indubbia fattura aliena, questo crop circle è talmente grande e ben riuscito, anche nelle più delicate finiture, da essere ben visibile addirittura da Google Maps.

Quale mente diabolica si nasconde dietro questo messaggio? Forse è un avvertimento? Forse una minaccia? La terra è in pericolo? Stiamo per essere attaccati?
Ma dove cazzo sono Mulder e Scully quando servono??

venerdì 15 febbraio 2008

Peccato

Vignitta di Vauro pubblicata su Peace Reporter.

Il dibattito sulla moratoria sull'aborto si inasprisce.
Ormai quotidianamente il Leviatano e i suoi servi più in vista continuano la loro battaglia personale contro il paese, contro noi che abbiamo deciso di lasciare la libertà di scelta: solo la donna e, forse in misura minore, il partner hanno il dovere-diritto di prendere una simile decisione, non di certo qualche prete, politico teodem e Giulianone di turno.
Vi invito a rileggere quanto ho scritto il 23 gennaio sulla proposta di una moratoria sull'aborto, prontamente cavalcata da Silvio Berlusconi non appena si è aperta la nuova campagna elettorale. Il Cavaliere ha addirittura proposto di proporla subito al vaglio delle Nazioni Unite, slogan molto forte ma semplicemente pagliaccesco: non esiste nemmeno una minima possibilità che l'Onu si scomodi e si attivi in merito su richiesta di Berlusconi, ma fatemi il piacere. Ci sono tempi, iter e prassi da rispettare, non è che il primo galletto che arriva mette in moto un gigante politico-istituzionale come le Nazioni Unite dalla mattina alla sera. Ma possibile raccontare una balla del genere? Certo, in Italia si può tutto.
Perchè guarda caso nessuno si è preso la briga di farlo notare agli italiani e Berlusconi come al solito è passato come il paladino di una nuova battaglia per la vita: quella dei feti, che anche se dovessero poi nascre malformi o morire dopo giorni di feroce accanimento terapeutico chi se ne importa, tanto non sono "figli miei". La vita dei soldati in Afghanistan e Iraq, dei lavoratori sterminati quotidianamente dal (e non sul) lavoro, quella delle migliaia di civili sacrificati nel nome della democrazia (e del petrolio), invece, non interessa. Conta meno e, forse, costa anche meno.

Rimaniamo in attesa degli sviluppi futuri della vicenda, soprattutto da un punto di vista strettamente locale, esclusivamente politico e tutto fuorchè morale: la nascita della lista "No Aborto" di Ferrara, ex comunista, ex abortista. Iniziativa la sua che ha smascherato il vero intento della battaglia contro l'aborto portata avanti dall'esimio ciccione, come scrive Travaglio:

"La nobile, disinteressata battaglia ideale “per la vita” che tanti ammiratori platinettiani aveva subornato negli ultimi mesi si rivela finalmente per quel che è: un espediente furbesco per abbindolare qualche beghina raccontandole che, votando lui, diminuiranno miracolosamente gli aborti; seminare zizzania nel centrosinistra, dove c’è sempre qualche Binetti che abbocca; e portare acqua al mulino del Cainano, che peraltro dell’aborto se ne infischia allegramente, visto che la sua signora ha dichiarato di aver abortito fra il sesto e il settimo mese".

Peccato che agli italiani nessuno l'abbia fatto notare.
Peccato che se la televisione non lo spiega, nessuno lo capisce, nessuno lo sa, non esiste.
Peccato che guarda caso le televisioni le controlla sappiamo benissimo chi.
Peccato.

martedì 12 febbraio 2008

Freedom of the Press Worldwide in 2007


Reporters Sans Frontieres (Rfs) ha pubblicato l'annuale rapporto sulla libertà della stampa nel mondo, scaricabile gratuitamente dal sito dell'organizzazione. Purtoppo, come ormai è prassi, l'anno passato ha visto un incremento del numero dei giornalisti uccisi, feriti o imprigionati nei diversi paesi del mondo rispetto all'anno precedente. La libertà di stampa è sempre più a rischio.
In particolare in questi ultimi mesi Rsf sta portando avanti una graffiante campagna di informazione e di protesta contro il Governo Cinese - approfittando delle prossime olimpiadi che porteranno la Cina al centro dell'attenzione globale - accusandolo di restringere e violare gravemente la libertà di cronaca dei giornalisti cinesi e non solo, persino degli atleti e dei giornalisti stranieri. Ora preferirei non approfondire questo punto riservandomi di farlo nei prossimi giorni con calma e prendendomi tutto lo spazio necessario.







La figura qui a fianco riassume i dati più interessanti del World Press Freedom Report 2007.










Il report stilato da Rsf si basa sul World Press Freedom Index: un indice che misura la libertà di stampa nei singoli paesi del mondo. Sulla base di questo indice Rsf costruisce una classifica mondiale della libertà di stampa che è universalmente considerata una delle più attendibili in materia.
Il World Press Freedom Index del 2007 ci restituisce molte informazioni interessanti e vi consiglio di soffermarvici un minuto. In sintesi vi elenco i dati più significativi:
  • L'Italia come al solito fa la sua porca figura piazzandosi al 35° posto, ultima tra gli stati dell'europa occidentale, preceduta da paesi quali il Ghana e la Namibia che nell'immaginario tipico di un italiano dovrebbero stare ben peggio di noi. Il dato è interpretabile in maniera positiva però se si valuta sul lungo periodo: negli ultimi sei anni infatti l'Italia ha collezzionato risultati ben peggiori - 53° nel 2003 e 42° nel 2005 - ad indicare un trend positivo che speriamo continui anche in futuro.
  • Ai primi posti, come sempre, si confermano i paesi nordici, Islanda e Norvegia primi, seguiti da Estoia e Slovacchia.
  • Ultima della lista, udite udite, l'Eritrea (169°), che riesce a battere in negativo addirittura la Corea del Nord, quest'anno solo penultima. La stessa Rsf sottolinea come l'Eritrea si sia guadagnata l'ultimo posto per merito: nel paese la stampa privata è stata bandita dal despota/presidente Issaias Afeworki.
  • Infine il dato a mio parere più significcativo: l'importanza dell'informazione online sta crescendo notevolmente e regolarmente in tutto il mondo e, di conseguenza, ha un notevole peso anche sull'indice. Paesi come la Malesia (124°), la Thailandia (135°), il Vietnam (162°) e l'Egitto (146°) hanno scalato in basso diversi posti nella classifica proprio a causa di violazioni gravi perpetuate ai danni di bloggers, online newspaper, e in generale della libera informazione in rete.

lunedì 11 febbraio 2008

E pace fu


Peace Reporter ha stilato un quadro globale della guerra: secondo le sue fonti ad oggi nel mondo sono in corso solo 27 conflitti. Vi sottolineo che la mappa indica il paese in cui un conflitto è in corso, ma non gli stati che vi partecipano.
Se volessimo stilare una mappatura che tenga conto anche di questa dimensione comparirebbero molti più bollini sul mappamaondo, tra cui uno in Italia, paese che ripudia la guerra, ad oggi impegnato in Afghanistan e in Libano con contingenti militari.

venerdì 8 febbraio 2008

World Press Photo

Come ogni anno dal 1951 ad oggi, anche nel 2008 è stato conferito dalla prestigiosa organizzazione no-profit olandese World Press Photo l'omonimo premio fotogiornalistico internazionale.
Secondo la giuria cui spetta il compito di aggiudicare il premio, la foto giornalistica più bella del 2007 (che per ragioni di copyright non pubblico) è stata scattata dal fotografo inglese Tim Hetherington in Afghanistan, vi invito a guardarla qui.

La sudetta foto non è l'unica ad essere stata premiata: diverse sono le categorie di premi, dal reportage alle foto di sport, alle storie, e le relative fotografie premiate. Vi consiglio di godervele sul sito dell'organizzazione perchè la maggior parte delle foto sono veramente fantastiche.
Qui di seguito vi ho riportato la mia preferita, scattata da Brent Stirton - Reportage del Getty Images per Newsweek - in Congo durante il ritrovamento di uno di sei gorilla uccisi da bracconieri. Questa foto è stravolgente, mi incute una rabbia, un rispetto, una malinconia e un senso di perdita ineguagliabili. Un capolavoro.


venerdì 1 febbraio 2008

No comment ... hehe


Tanto di cappello a chi ha avuto questa idea.
Eh si, non si può negare, l'Italia è un paese di pazzi, e di geni...

giovedì 31 gennaio 2008

Armi di distruzione di massa

Ieri "per caso" mi sono imbattuto nel grafico sovrastante. Giudicandolo al quanto interessante ho pensato di postarvelo: analizziamolo brevemente.
In sintesi è una rappresentazione delle principali cause di morte negli Usa nel periodo 2001-2005. In particolare è stato elaborato al fine di ri-collocare il "fenomeno" 11 settembre 2001 nella dimensione che gli spetta: non nel senso di negarne la tragica importanza, ma per ridimensionarlo, e con esso l'intero problema del terorismo, in quanto tutto sommato evento marginale da un punto di vista numerico. Di certo non intende, almeno nella mia interpretazione, ridimensionare il lato simbolico e politico dell'attacco alle torri gemelle, che esula totalmente dalla tragedia umana dell'evento.
Diciamoci la verità, senza ricadere nelle solite polemiche dietrologiste e del complotto, anche se l'11 settembre fossero morte solo 2/3 persone la Casa Bianca avrebbe comunque usato il fatto per i suoi scopi, smascheratisi poi nella nuda e cruda realtà della tragica invasione dell'Iraq. Invasione rimandata inizialmente di qualche mese proprio per prima dare modo all'impero a stelle e strisce di vendicarsi della tremenda offesa recatagli da Bib Laden, bombardando uno dei paesi più poveri del mondo, l'Afghanistan, colpevole di esistere. Quasi fosse colpa del popolo afghano se il famigerato Bin si nascondeva tra i suoi monti.
Poi, tanto per riassumere, dopo aver bombardato e occupato l'Afghanistan con qualche migliaio di uomini, ovvero con una presenza risibile e inefficace, Bush ha pensato bene di coivolgere nella sua guerra l'Europa e la Nato innanzitutto, confidando nella nostra rinomata obbedienza, in modo da alleggerire l'impegno militare Usa nel povero paese e per poter concentrare la sua attenzione e le sua forza, finalmente, contro il vero nemico degli Usa: Saddam Hussein.
Il dittatore amico di un tempo (che ancora si commuove ripensando a quando tra lui e Washinghton si era amici e e ci si scambiava pacche sulle spalle, strette di mano e qualche milione di dollari in armi utili a muovere guerra al vicino Iran) si è quindi ritrovato nell'occhio del ciclone per la seconda volta in poco più di dieci anni ed è stato rimosso e impiccato in quanto minaccia nucleare (mai provata) per le forze del bene, l'occidente. Invasione anche questa che si è poi dimostrata difficile e onerosa, che sta spolpando le risorse militari Usa, che non possono permettersi di spendere così tanto tempo e denaro in un piccolo paese come l'Iraq quando c'è l'intero pianeta da schernire e controllare, e sta pian piano erodendo il favore iniziale dell'opinione pubblica statunitense facendo traballare i vertici della Casa Bianca. Invasione che, in soldoni, se sta funzionando sul piano energetico, pompando migliaia di barili di petrolio verso papà Usa, da tutti gli altri punti di vista si sta rivelando non solo un totale fallimento, ma un fallimento basato sulla menzogna in casa propria e davanti al mondo intero.

Concluderei suggerendo agli Stati Uniti di smetterla di fare la guerra, almeno quella convenzionale con soldatini e carri armati, e di puntare sulle sigarette e sui Mac Donald, le armi di distruzioni di massa più efficaci a quanto pare. Le uniche che si sono dimostrate capaci di mettere in ginocchio persino l'
impero a stelle e strisce.

lunedì 28 gennaio 2008

Sono sempre i migliori!

Apparso sulla Gazzetta di Reggio, 12 agosto 2007

!!!!! COME MINIMO IL PULITZER !!!!!

Non so chi è che ha avuto questa idea ma è il mio eroe! Si merita un premio Pulitzer!
Clap, clap, clap...

Divide et impera

Oggi mi sento qualunquista e pressapochista. Ne deriva una riflessione facilmente etichettabile di tal malfatto. Amen, procediamo comunque.

Alla luce degli avvenimenti dei giorni scorsi e degli ultimi anni, questa mattina mi chiedevo: ma che differenza c'è tra destra e sinistra? Tra Prodi e Berlusconi? Tra Pd e Cdl? Bella domanda, non c'è che dire.

Ora, le risposte plausibili sono molte, tante quante le differenze che indubbiamente sussistono tra i due soggetti in oggetto (bella questa...). Credo che ciò non si possa negare, a patto però di una precisazione: qui si ragiona solo sulla superfice delle cose, dei fatti. Andando più in profondità, paragonando l'essenza delle due fazioni a me pare di cogliere un bagliore. Un nucleo, un cuore pulsante che anima entrambi li schieramenti: Divide et impera.

Da qualche tempo a questa parte è assurto all'onor della cronaca nazionale un acceso dibattito di origine civile, popolana, riassumibile in una parola: casta.
Acceso dalla pubblicazione del libro di Rizzo e Stella, il dibattito - riassumibile nell'accusa fatta dalla società civile alla classe politica italiana rea di essere una vera a propria casta privilegiata che approfittando del suo potere prospera sulle spalle dell'intera nazione a spese di noi poveri cittadini ignoranti - si è incendiato in un attimo e si è allargato a dismisura. L'ultimo a cavalcarne l'onda è il Beppe Grillo contro la casta dei giornalisti.

Senza voler approfondire la questione dei giornali e dell'informazione, proviamo a riflettere sul dibattito riguardo la cosidetta casta politica. I fatti degli ultimi giorni hanno risvegliato nel sottoscritto una profonda rabbia nei confronti dell'intero establishment politico-istituzionale e del Leviatano che ancora lo guida ed influenza. A conti fatti un dato certo balza agli occhi: tutto il caos e la crisi politica degli ultimi giorni non ha nulla a che vedere con noi, con gli italiani. La classe politica parla tra sé e sé, si scanna tra le sue parti, implode al suo interno. A noi non chiede altro che essere spettatori, guardare, ascoltare per poi prendere parte. Ma dall'esterno, guai ad avere pretese di partecipazione diretta. Noi siamo utili solo in un istante dell'intera vita politica del paese: le elezioni. Per tutto il rimanente periodo non contiamo nulla.
E come hanno fatto a renderci così ininfluenti? Qual'è la miglior strategia per ottenere tutto ciò?
Quale miglior mezzo per governare, per soggiogare i propri sudditi? Per usarli e sfruttarli?

Ce l'hanno insegnato i Romani secoli fa: Divide et impera.
Frammenta il popolo. Dagli ragione di schierarsi e dividersi. Crea fazioni e alimenta il dibattito, fomenta lo scontro e li avrai in pugno. Saranno distratti e arrabiati, parteciperanno attivamente alla vita politica, ma in soldoni non saranno affatto importanti, nè decisivi. Solo a questo punto potrai fare quello che vuoi, prosperare, arricchirti.
Ecco casa fa la Casta: divide et impera.

Discontinuità? Vi pare davvero che ci sia una tale differenza nelle politiche intraprese dai più disparati e diversi (in teoria) governi in questi ultimi anni da poter parlare di discontinuità? E vi pare che la società civile sia mai riuscita a farsi sentire? Ad essere in qualche modo partecipe? A decidero o influenzare l decisioni? Girotondini docet.

venerdì 25 gennaio 2008

Getto la spugna

Questa volta ho bisogno di una mano, ci sono cose che non capisco proprio.
Ancora non era caduto, Prodi, e già se ne sentiva di ogni. Oggi siamo al paradosso: è caduto il Governo, perchè? Ognuno ha la sua risposta pronta per far felice la sua piccola fetta di elettorato.

E così è iniziata la nuova campagna elettorale.

Crisi parlamentare o extraparlamentare?
Divieto di mandato imperativo e trasformismo?
Sinistra radicale e sinistra centrista o catto-comunista?

Palle. Parole vuote per distrarre, per spostare l'attenzione, per incolpare qualcun'altro.

Il Governo è caduto perchè la maggioranza s'è rotta?
Si certo, ma una parte della maggioranza ben precisa: i "diniani" e l'Udeur di Mastella (e Turigliatto di Prc naturalmente, complimenti).

Il Governo cade per colpa di Veltroni e del suo PD?
Ma, questa non l'ho propio capita. La maggior parte degli analisti e commentatori politici insiste su questo punto e si dimentica che, comunque la si voglia mettere, al senato sono mancati i voti di Mastella e Dini.
Che
la crisi è stata generata da Mastella per motivi esclusivamente personali e del tutto estranei alla logica politica. Che Dini ha colto l'occasione al balzo per interessi personali che, suppongo, a breve saranno svelati. Che il Governo e il Paese intero, grazie ha una legge elettorale innominabile, fin dal primo istante di vita sono stati ostaggio di uno o due voti e delle pretese di partitini minuscoli.
Che, se davvero la nascita del PD è avvenuta in un momento difficile ed è andata a complicare una congiuntura politica già fragile, rimane il fatto che la coalizione si è sfaldata alla sua destra, quella che obbedisce al Vaticano, e non a causa della sinistra radicale.

E adesso?
Governo delle larghe intese, rimpasto di Governo, elezioni anticipate, governo istituzionale?

Staremo a vedere. Vi garantisco che nei prossimi giorni se ne sentirà di ogni e che tutti i partiti diranno la propria oggi, per affermare il contrario domani, per smentirla dopodomani e così via in base al sondaggio del momento o all'accordo sottobanco del giorno.
Due fattori principali rimangono comunque da considerare: qualsiasi Governo dovrà fare i conti con la maggioranza schiacciante che la sinistra ha alla camera e un referendum sulla legge elettorale è in arrivo. Ne vedremo delle belle.

In conclusione mi associo alla brillante analisi politica che ha fatto questa mattina Buttiglione in diretta su LA7: "Il Governo Prodi cade per colpa del 'Partito dei magistrati rivoluzionari".
Finalmente siamo al cuore della questione, abbiamo un colpevole: le toghe rosse!
O azzurre a questo punto. Fate un pò voi.

mercoledì 23 gennaio 2008

Moratoria: un feticcio multiuso

Un termine molto in voga nelle ultime settimane, sulla bocca di tutti dal momento in cui è stato utilizzato dalle Nazioni Unite in merito alla pena di morte, necessita di una spiegazione e ricollocazione. Nella nostra piccola Italia dei piccoli pensatori, ma grandi lobbisti, ne hanno subito approfittato per lanciare una nuova campagna mediatica e pseudo-filantropica, cavalcando un’onda di portata globale, pretendendo però di trasformarla, di adattarla a proprio piacimento.


Un concetto vago, si cristallizza nelle stanze del palazzo di vetro.

La moratoria sulla pena di morte è stata approvata il 18 dicembre 2007 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per sancire un principio universale, per sollevare un problema al mondo intero, alle nostre coscenze, nell’ottica perlomeno di giungere ad una sospensione della pena capitale nei paesi che ancora la applicano. La moratoria dell’Onu non è una risoluzoine vera e proria, non ha effetto giuridico, non implica alcun obbligo, non è vincolante, non difende interessi di parte. Sostanzialmente è un respiro, un attimo di riflessione su un problema morale e globale chiesto all’intera società: fermiamoci un attimo, sospendiamo la pena e riflettiamo se non sia il caso di abolirla del tutto. Eventualmente, se riterremo di reintrodurla, quei poveretti saranno ancora li pronti per essere ammazzati.

Un concetto che ha ritrovato un senso è subito ri-svuotato dal Leviatano

Ed ecco che il Leviatano ne approfitta subito. Coglie la palla al balzo e per mezzo di un suo servetto come il ciccio Ferrara crea il solito abominio giuridico ed etico all’Italiana. La questione si fa complicata, il termine moratoria viene mutuato e mutato, usato e cambiato, al punto da perdere consistenza, svuotarsi di qualsiasi significato e diventare sempicemente una parola.
Utile però, una parola utile a rilanciare un’offensiva contro quella parte della società italiana che ha scelto, ha preteso, un diritto: il diritto all’aborto. E così si accende il dibattito sulla "moratoria" contro l'aborto, regolato dalla legge 194 del 1978, una moratoria che, in un bellisimo articolo che consiglio di leggere, Remo Bassetti definisce ipocrita. Ed ha ragione. Siamo all'apogeo dell’ipocrisia.

Riassumiamo gli eventi: Ferrarra approfitta dell’occasione per lanciare una moratoria sull'aborto, subito il Vaticano, per bocca di Ruini, la appoggia e fiancheggia a spada tratta, scoppia una polemica politica cavalcata dai cattolici di ogni schieramento, per bocca dei suoi stessi propositori la moratoria non ha pretese giuridiche, poi le ha, poi le ri-perde, Bondi (o my god) propone una mozione parlamentare per rivedere la 194, la Binetti (la Binetti!!!) si dice subito disposta ad appoggiarla, Walter Veltroni addirittura invita Ferrara a parlare e discutere sulla 194 al Comitato Valori del PD (!!!) ... e così via fino a ieri quando, inaspettatamente, Ferrara ha dichiarato che “La legge 194 è sacrosanta e non si cambia”. In sintesi siamo nel caos totale. Una situazione dettata e voluta, per nulla capitata, in un momento di crisi istituzionale e governativa, in un momento di rivincita e di rilancio della morale cristiana. Una situazione sfumata, nebbiosa e volatile, che cambia di giorno in giorno in base alle esigenze che il dibattito politico e mediatico impone.

A cosa servirebbe dunque questa moratoria?

  • Se le si appiccica un valore giuridico transitorio, sospendendo momentaneamente la 194, si crea un paradosso vergognoso: sospendendo l’aborto farebbe sì che gli embrioni nel frattempo diventino feti di almeno tre mesi e renderebbe impraticabile l’aborto successivamente.
  • Se si tratta di una mera campagna di sensibilizzazione è fiato sprecato: non siamo di fronte ad un divieto ma ad un diritto, nessuno obbliga una donna ad abortire o glielo impedisce, semplicemtne la 194 lascia la libertà di scegliere (e diciamoci la verità, l'unico soggetto ad avere il diritto di avere l'ultima parola su una tale decisione è la donna. Non un manipolo di preti e simpatizzanti clericali). A qual fine una campagna di sensibilizzazione quindi? Davvero c’è bisogno di queste squallide sfide per discutere e riflettere?
Vi invito a riflettere e dire la vostra in materia, tenendo però presente due dati importanti:
  • La legge 194, approvata il 18 maggio 1978 dopo un iter tormentato con 168 voti a favore contro 148 contrari, è già passata al vaglio del referendum popolare del 1981. I quell'occasione la proposta di abrogazione della legge, portata avanti dall'associazione cattolica "Movimento per la vita", fu respinta dagli italiani con un saldo 68 % di no.
  • Dall'introduzione della legge 194 gli aborti sono calati, in particolare quelli clandestini, che sono ovviamente i più pericolosi per la salute della donna.
  • Il metodo più sicuro ed efficace per prevenire il problema semplicemente riducendo al minimo le probabilità di avere una gravidanza non voluta è la contraccezione, che però è fortemente ostacolata dalla Chiesa, la stessa che non vuole l'aborto.

martedì 22 gennaio 2008

Cosa nostra. Anzi, loro.

A volte capitano strane coincidenze.

Chi non si è mai trovato con alcuni amici intorno ad un tavolo a raccontare di quando, quella volta la, in quel posto lontano, ha ri-incontrato quel compagno di classe che non vedeva da 10 anni? Tutti, ma proprio tutti. Eh si, a quanto pare in Italia siamo pieni di tavoli, e di amici che ci si siedono attorno. Amici improbabili, amici per caso, amici per convenienza.
Oggi parliamo di un tavolo e di una allegra compagnia che dopo tanto lavoro non vede l'ora di ritrovarsi ancora attorno a quel tavolo, per brindare e festeggiare: "Questa volta abbiamo fatto proprio un bel lavoro!".
Vi chiedo giusto cinque minuti di tempo quindi, perchè non è facile descrivere una siffatta compagnia, ci vorranno diverse righe.

Strane concidenze, dicevamo. In questi ultimi giorni ne sono capitate parecchie, ripercorriamole in sintesi:

  • Una strana crisi politco-istituzionale tra due stati stranieri costretti alla convivenza forzata (Costituzione, Art. 7: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”) causata da addirittura un centinaio di studenti della Sapienza e da ben 67 docenti della stessa, su un totale di circa 4000 (Costituzione, Art. 21: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”).
  • L’improvviso arresto di Sandra Mastella, presidente del Consiglio Regionale della Campania, e di più o meno tutto lo stato maggiore dell'Udeur campano ordinato dalla magistratura di Santa Maria Capua Venere. La conseguente reazione del Ministro della Giustizia Clemente Mastella: dimissioni prima, appoggio esterno al Governo poi, uscita dalla maggioranza infine.
  • Un sorprendente discorso del presidente della Cei Bagnasco che attacca direttamente il Governo, l’Italia intera, e che inaspettatamente rivede l’intera vicenda del Papa vs La Sapienza.
  • L’imminente crisi di Governo che, senza l’Udeur dei Mastella non ha più una maggioranza sicura al Senato.
Ora, si potrebbe dire che “sono cose che capitano”, tutte le televisioni ci fanno capire che tutti questi fatti sono successi nel giro di qualche giorno per caso. Proviamo un attimo a ragionare sui singoli avvenimenti:
  • Il Papa rinuncia a parlare alla Sapienza dopo essere stato invitato: ora, a quanto pare, la rinuncia ora sembra da addebitarsi al Governo. Ebbene si, Monsignor Bagnasco dopo 5 giorni dalla mancata visita di Benedetto XVI e a seguito di oltre una settimana di polemica ci rende finalmente partecipi di una così secondaria informazione (prontamente smentita da Palazzo Chigi) se ne era probabilmente dimenticato.
  • Il Mastella-Gate: eh sì, si tratta della solita "giustizia ad orologeria" (come tutti sanno gli arresti sono stati ordinati dopo mesi di indagini), dell’ennesimo attaco delle toghe rosse alla politica, o forse, come ci fa notare la signora Sandra Lonardo in Mastella dai domiciliari: "Questo è l’amaro prezzo che, insieme a mio marito, stiamo pagando per la difesa dei valori cattolici in politica, dei principi di moderazione e tolleranza contro ogni fanatismo ed estremismo”!. Interessante è invece, come sottolinea Marco Travaglio, il fatto che “al momento nessuno sa nulla delle accuse che vengono mosse a lei e agli altri 29 arrestati. Ma l’intero Parlamento – con l’eccezione, mi pare, di Di Pietro e deiComunisti Italiani – s’è stretto intorno al suo uomo più rappresentativo [...] e ha già deciso che le accuse - che nessuno conosce - sono infondate e gli arrestati sono tutti innocenti”. E che, continua, “Nessuno, tranne Alfredo Mantovano di An, s’è domandato come facesse il ministro della Giustizia a sapere che sua moglie sarebbe stata arrestata e a presentarsi a metà mattina alla Camera con un bel discorso scritto, con tanto di citazioni di Fedro: insomma, com’è che gli arresti vengono annunciati ore prima di essere eseguiti?”.
  • La guest star Monsignor Bagnasco, come dicevamo, casualmente mette il dito nella piaga, rivelando scottanti novità sul caso La Sapienza e approfittando dell’occasione per rilanciare l’ennesima crociata contro l'imbarbarimento della virtuosa Italia, un paese ormai “a coriandoli”, colpevole di essere "pro-abortista" e di riflettere sul problema coppie di fatto. Che tempismo. (A quando un bel intervento di, che so, Napolitano, di accusa nei confronti dell’unica monarchia assoluta ancora esistente, di gerarchia totalmente maschilista e colpevole di ingerenza nella politica e negli affari di un altro stato?).
  • La reazione del Ministro Mastella agli arresti che hanno decimato famiglia e partito, che sono un pò la stessa cosa: far crollare il governo Prodi colpevole di esistere, visto che non si capisce cosa possa centrare l'operato del Governo con le inchieste della magistratura. Il messaggio che si evince da un tale comportamento è: "Se qualcuno osa toccarmi io metto il paese sotto-sopra". Mastella ha raggiunto vette impensabili, mai uomo aveva osato tanto prima: tenere in ostaggio un Governo, e quindi un paese intero, per i cavoli suoi. Il quadro poi genera ulteriori sospetti se consideriamo che, come ci fa notare Peter Gomez, "Quello di Mastella è stato un blitz ben ragionato con tre obiettivi. Il primo, semplicissimo, raccogliere il maggior numero di attestati di solidarietà Il secondo, dichiarato, ma più difficile, ottenere finalmente l'approvazione della legge che vieterà ai giornali di pubblicare il contenuto di quasi tutti gli atti giudiziari. Il terzo, far passare in secondo piano il fatto che anche il Ministro della Giustizia è indagato".
Strane coincidenze dicevamo. Strani scherzi del destino che capitano, per caso, tutti insieme. Strane ingerenze, strani comportamenti, strane campagne mediatiche, strane inchieste. A me lasciano qualche dubbio, e molto amaro sulla lingua. A voi no?
Un Governo traballante da quando è in carica, ostaggio di partiti che hanno racolto poco più dell’1 % dei voti alle ultime elezioni, che si trova a crollare per un uso personale dello stato e delle istituzioni perpetrato da un Ministro indagato.
Un sussulto improvviso dell’intero mondo cattolico che rivendica pretese attraverso canali privilegiati, che si dice “vittima” di un clima di ostilità, che si siede su una comoda poltrona a capo di un tavolo, dal quale non si era mai alzato, e attorno al quale si siederanno tutti gli altri, su instabili seggioline di legno, prostrandosi.

E ossequi sua eccellenza. Ossequi.

lunedì 21 gennaio 2008

Oggi vi segnalo il ritorno dei Nutshell, il mitico tributo agli Alice in Chains!
Tranquilli, per evitare di continuare a rompere le balle dalle parti di Scandiano - Reggio, dove ormai non ci sopporta più nessuno, ce ne andiamo a suonare a Novara, al Le Piccole Iene, dove non ci conoscono ancora!

p.s. Chiunque abbia voglia di venire in trasferta con noi è il benvenuto! Fatecelo sapere e vedremo di organizzarci al meglio. Come tradizione vuole, chi verrà con noi (sorbendosi pre-concerto, concerto e post-concerto) entrerà di diritto nel gruppo usufruendo di conseguenza della corrispondente percentuale del budget-concerto: di solito una miseria, ma "piuttosto che niente..". Ciò vuol dire che, se le cose andranno bene, riceverete a mala pena quanto serve per pagarvi la benzina.
Dopo 4 / 5 anni che suoniamo in giro siamo ancora messi così male, ma vi sembra normale??

giovedì 17 gennaio 2008

InFormeDimesse al Cavern. Casomai... vi consiglio di esserci


Vi segnalo la presentazione del nuovo numero della rivista letteraria "InFormeDimesse" prevista per domenica 27 gennaio presso la birreria Cavern a Mazzalasino di Scandiano (Re).
Casomai... foste liberi l'occasione è perfetta per passare una bella serata tra musica e letteratura in una cornice accogliente come solo al Cavern si può trovare.

Che cos'è InFormeDimesse?
Una rivista onnivora gratuita nata dalla collaborazione tra il collettivo Astolfo sulla Luna e il Progetto CarburO del Comune di Scandiano con lo scopo di fornire uno spazio creativo libero ai giovani scrittori.

Grazie alla passione dei ragazzi del collettivo (un gregge di giovani intellettuali o pseudo-tali veramente in gamba e creativi come pochi altri) e grazie all'unione di arti e saperi eterogenei (musica-letteratura-arte-teatro che si fondono nel dar vita a presentazioni e letture splendide), la rivista, nata un paio di anni fa in maniera del tutto sperimentale, è giunta ormai all'ottavo numero e può vantare la collaborazione di alcuni grandi nomi della letteratura contemporanea emiliana quali Gianluca Morozzi, Paolo Nori e Daniele Benati.

Ma soprattutto, in onore alla tenacia e alla serietà, a partire da questo numero InFormeDimesse bussa all'uscio della notorietà: d'ora in avanti sarà pubblicata da Aliberti Editore.

Vi invito vivamente a partecipare alla serata certo che anche questa volta i ragazzi del collettivo ci stupiranno con qualche nuova idea originale rendendo l'occasione unica e imperdibile.

mercoledì 16 gennaio 2008

Il Leviatano: povero, sfortunato e indifeso

C'era da aspettarselo.
Stranamente anche questa volta siamo ricaduti nella solita, ridicola commedia politica all'italiana.

A quanto pare il Papa ha deciso di annullare la visita alla Sapienza per "motivi di opportunità legati alle preannunciate contestazioni", frase traducibile in "rinuncio perchè il Rettore ha concesso ai contestatori uno spazio davanti all'ingresso dell'università per manifestare giovedì mattina e, di conseguenza, i filmati della contestazione faranno il giro del mondo recando un danno insopportabile all'immagine del Vaticano" (Di sicurezza però, a quanto pare, alla cerimonia qualcun'altro leggerà per lui il suo intervento).

Apriti cielo.

La rinuncia del papa ha innescato la solita bufera politica, il solito scandalo ipocrita utile a tutti: all'opposizione per contestare il Governo (quasi fosse colpa di Prodi), alla maggioranza per contestare la sinistra radicale, a Berlusconi per fare la solita dichiarazione buonista e populista e, soprattutto, al Vaticano, per fare la vittima.
In Italia siamo tutti povere vittime, soprattutto i più forti. Povere, piccole, sfortunate e indifese vittime. Anche il Leviatano diventa vittima.
Unica nota positiva nel panorama del teatrino politico la voce del deputato socialista Lanfranco Turci: "Siamo sicuri - si chiede - che sia giustificata la rinuncia del Papa? A parte alcune voci, per altro non decisive, la reazione alla visita annunciata si era espressa in una contestazione civile e di merito alle note tesi di Benedetto XVI su ricerca scientifica e diritti civili". Dopo la rinuncia, continua, "si sta montando una campagna di vittimismo che appare del tutto contraddittoria e infondata in una fase di invadenza clericale che non ha precedenti nella storia dell'Italia repubblicana". (I dati della presenza di Benedetto XVI sui Tg nazionali, e sul TG1 di Clemente Mimum nel 2007).

Già... Ne siamo sicuri??
A differenza della "laica" Italia, invece all'estero non c'è stata nessuna bufera a seguito della rinuncia del Papa (al massimo una pioggiarella leggera qua e la) a dimostrare per l'ennesima volta quanto siamo bravi a creare falsi scandali morali per poi sfruttarli per fini ben diversi, quanto siamo vittime dei media e di chi è bravo a usarli a proprio vantaggio, e a ridare il giusto peso all'evento.

martedì 15 gennaio 2008

Il Papa alla Sapienza: scienza vs fede?

Oggi mi permetto di dire la mia sull'ennesimo "caso italiano" di disinformazone: la polemica sorta intorno all'intervento del Papa previsto per giovedì 17 al termine della cerimonia di inaugurazione dell'anno accademico dell'università di Roma La Sapienza.
Di stupidaggini sul fatto se ne sono già sentite di tutti i colori, e di certo se ne sentiranno ancora nei prossimi giorni, a partire dal solito Gasparri che tuona "I 67 professori (firmatari dell'appello, vedi sotto, N.d.A.) andrebbero denunciati" (con quale accusa mi chiedo io?!) arrivando al favoloso Marcello Veneziani che su Libero ci spiega quanto scagliarsi contro Ratzienger significa prendersela con "il capo della della cristianità occidentale" che rappresenta "i tre quarti o forse più della cultura occidentale, filosofia e anche scienza, letteratura e arte, assistenza e medicina, carità e opere pie", dimenticando però di sottolineare il fatto che "fin dai tempi di Cartesio, si è addivenuti [...] a una spartizione di sfere di competenza tra l'Accademia e la Chiesa" (citazione dalla lettera di Cini, vedi sotto).
Vorrei solo ricordare che dal 20 settembre del 1870 Roma non è più la capitale dello Stato Pontificio, che come ha sottolineato Emma Bonino "Nessuno vuole imbavagliare il Papa o togliergli la parola. L'unico che ha la parola, mattina e sera, è appunto il Papa" e che tutta questa polemica nasce da una lettera scritta da Marcello Cini, un emerito professore de La Sapienza, il 14 novembre 2007, ovvero 3 mesi fa!
Vi invito a leggere la lettera qui, della quale vi anticipo un passaggio che mi ha particolarmente colpito:
"...il disegno mostra che nel suo nuovo ruolo l'ex capo del Sant'uffizio non ha dimenticato il compito che tradizionalmente a esso compete. Che è sempre stato e continua a essere l'espropriazione della sfera del sacro immanente nella profondità dei sentimenti e delle emozioni di ogni essere umano da parte di una istituzione che rivendica l'esclusività della mediazione fra l'umano e il divino. Un'appropriazione che ignora e svilisce le innumerevoli differenti forme storiche e geografiche di questa sfera così intima e delicata senza rispetto per la dignità personale e l'integrità morale di ogni individuo. Ha tuttavia cambiato strategia. Non potendo più usare roghi e pene corporali ha imparato da Ulisse. Ha utilizzato l'effige della Dea Ragione degli illuministi come cavallo di Troia per entrare nella cittadella della conoscenza scientifica e metterla in riga".

Concludo sottolineando il fatto che se da una parte il Papa ha tutto il diritto di intervenire ad una cerimonia alla quale è stato invitato personalmente, dall'altra il mondo accademico, studentesco e civile a sua volta ha diritto a protestare nell'ottica di ottenere l'annullamento dell'inusuale invito a partecipare ad una solenne cerimonia laica e statale fatto al "sovrano" di una nazione straniera. La lettera di Cini e il recente appello di altri 67 docenti della Sapienza sono da interpretarsi in questo senso e non rappresentano affatto, come sostiene Radio Vaticana, "un'iniziativa di tipo censorio".
L'importante sarebbe smetterla con tutte queste inutili polemiche che non portano a nulla, approfittare dell'evento per rilanciare una seria e serena riflessione sul rapporto chiesa/stato, fede/conoscenza e ragionare sulla sempre più profonda ingerenza della Chiesa nelle ragioni di stato e pubbliche. Andranno davvero così le cose? Sono aperte le scommesse.

lunedì 14 gennaio 2008

Un anticipo della diaproiezione in programma al Daunbailò sabato 26





Eccovi un anticipo delle foto che proietterò al Daunbailò: sono tutti scatti miei (cosa che si nota bene direi..). Come ormai da tradizione nel corso della serata vorrei approfondire con i partecipanti alcuni temi attuali e toccanti inerenti l'Africa in particolare, ma non solo. Ho pertanto iniziato a documentarmi e ad aggiornarmi in materia di: AIDS, MALARIA e SVILUPPO/SOTTOSVILUPPO (con focus sull'HDI "Human Development Index").

Presto vi posterò alcuni link a fonti serie e attendibili sui suddetti argomenti in modo da dare la possibilità a chi volesse intervenire in modo costruttivo alla discussione di informarsi per tempo e, perchè no, per iniziare a parlare di cose serie su questo blog.

Vi invito a lasciare qualche commento sull'iniziativa: la diaproiezione, oltre ad essere ad ingresso libero e gratuito, nelle mie intenzioni vorrebbe essere costruttiva e collaborativa, sono pertanto benvenuti consigli sull'organizzazione stessa dell'evento o sui contenuti che si vogliono toccare, analizzare e sviluppare.

venerdì 11 gennaio 2008

Hotel Uganda: nuova proiezione al circolo arci Daunbailò (RE)


Una serata dedicata al "sud del mondo" con proiezioni di foto e video tratte da una esperienza di volontariato in un orfanotrofio in Tanzania e da un reportage sui campi profughi nel nord dell'Uganda.

Le donazioni (facoltative) raccolte nel corso della serata saranno devolute alla ong Asantesana http://www.asantesana.org/

Vi aspetto numerosi!

giovedì 10 gennaio 2008

La nascita di un mito

Finalmente, il fatidico giorno è arrivato...
Sappi che sei uno dei pochi ad aver la fortuna di assistere alla nascita di un nuovo portento della rete: il blog di Immo, l'IMMOralista.
Aspettati di tutto!